Trovare una estetica nuova a materiali che hanno una tradizione, e che sono relegati ad un immaginario comune e condiviso, non è semplice. L’architetto Mauricio Cardenas sfida la tradizione progettando architetture dove il bambù è protagonista.
Mauricio Cardenas Laverde è un architetto che, da quasi tre decenni, crede fortemente in un materiale per costruire: il bambù. Chiariamo subito il punto di partenza, non parliamo di graziose capanne da resort 5 stelle, parliamo di vere e proprie strutture dove il materiale caratterizzante è il bambù affiancato ad acciaio, vetro, legno. Studio Cardenas Progettazione Consapevole è il nome dello studio.
Ci spiega qual è il suo concetto di sostenibilità?
Per me progettare significa pensare – anche – a come sarà il cantiere. È durante il processo di costruzione il momento dove possiamo ridurre l’impatto negativo sull’ambiente; dobbiamo andare oltre l’architettura sostenibile che oggi tiene conto soltanto del ciclo di vita degli edifici, non alla costruzione. Significa in altri termini che, continuando a costruire come si faceva quasi cent’anni fa con cemento, metallo e vetro, i progetti di architettura non sono veramente sostenibili. Non basta usare un materiale ritenuto green per considerarsi tali. Il fatto è come usi i materiali, soprattutto tecnicamente. Per questo mi piace parlare di arte di costruire con il bambù.
È difficile concepire culturalmente una costruzione in bambù in Italia perché non è un materiale della tradizione. È vero?
Vediamo esorbitanti costruzioni in acciaio e in vetro intorno a noi – ho intervistato Mauricio in un rumorosissimo bar in Porta Nuova a Milano, ndr – ma pensi che acciaio e vetro siano materiali “italiani”? E il caffè che stiamo bevendo? La materia prima viene dal mio paese di origine, la Colombia, ma il caffè è oggi considerato un prodotto Made in Italy per eccellenza, nonostante non ci sia un chicco di caffè prodotto in Italia. Al contrario per il bambù del quale stanno crescendo importanti piantagioni italiane; il clima si presta alla crescita di questa pianta visto che in 8 anni può già diventare materiale da costruzione.
Perché ha scelto il bambù come materiale d’elezione?
Per le mie origini colombiane prima di tutto, anche se sono in Italia da ormai 30 anni. Nel mio paese c’è una presenza massiccia di questa pianta, moltissime costruzioni sono in bambù anche se limitate alle favelas – infatti da noi è considerato il materiale dei poveri – mentre in Italia lo troviamo da secoli nelle ville storiche più belle, sia nei giardini che negli interni. E poi ha caratteristiche strutturali pregevoli. Come prima cosa è una pianta non un albero, per cui cresce in tempi molto brevi. È leggero, versatile ma anche robusto.
Ci sono anche dei limiti immagino…
I punti più difficili legati al costruire in bambù sono i giunti e infatti noi ci concentriamo proprio sull’ingegnerizzare questo aspetto. Per lavorarlo serve manodopera specializzata perché il bambù è fondamentalmente un tubo e la sua connessione richiede un certo tipo di taglio. Con il mio studio abbiamo cercato di superare la lavorazione tradizionale che prevede l’inserimento di malta all’interno dei tubi e l’imbullonamento degli stessi. Quasi 20 anni fa ho iniziato a concepire un modo diverso di costruire a secco e di lavorare questo materiale. L’aspetto che rimane decisivo è l’essicazione: le fibre di bambù contengono amido che va eliminato, successivamente è necessario proteggerlo con un trattamento chimico – a basso impatto – immergendo i tubi in una soluzione di borax. Un altro tema che abbiamo scoperto applicando il bambù alle grandi costruzioni è che grazie al fuoco riusciamo a curvare o a raddrizzare i tubi, solidificando la struttura e eliminando anche eventuali parassiti.
Che garanzie ci sono?
Lo certifica INBAR (International Bamboo and Rattan Organization): con il trattamento a fuoco la garanzia di durata del bambù è di 30 anni. La progettazione ancora una volta è fondamentale. Proprio come succede per il legno, ci sono delle accortezze: nessun contatto diretto con l’acqua, è necessario sollevarlo da terra, evitare l’esposizione diretta ai raggi UV.
Quindi non viene verniciato?
Noi non lo verniciamo anche se mi interesserebbe molto sviluppare e dialogare con aziende specializzate per trovare soluzioni che non alterino la bellezza naturale del materiale e allo stesso tempo lo proteggano.
Il fatto che uso il materiale il più possibile naturale a volte spaventa la committenza. Potrei usare un bambù cosiddetto ingegnerizzato ma così si perdono molte delle caratteristiche che sono i veri plus di questo materiale, come ad esempio la leggerezza e anche la sua bellezza estetica.
Un progetto su cui sta lavorando?
In questi mesi stiamo dialogando – anzi, siamo già alla fase di progettazione – sulla costruzione di un edificio che sarà il Centro di Ricerca sul Bambù in Cina. L’edificio di tre piani ha facciate in vetro molto particolari dove il bambù a vista è sia nella struttura portante che nelle facciate che nel paesaggio dato che sarà immerso, guarda caso, in una foresta di bambù.
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