L’artigianalità è un pensiero che, rispetto ad un processo industriale, necessita di un approccio che non è solo manuale ma intellettuale, fatto di prove ed errori, di ricerca e risoluzione di problematiche.
Seppur porti con sé il termine “industriale”, il settore della verniciatura – in particolare quella conto terzi – ha tutte le caratteristiche dell’artigianato, se non nei processi tecnici, sicuramente nella mentalità e nell’approccio.
Di questo – e del settore in generale – ne abbiamo parlato con Mil Vassanelli, Presidente di VRB, importante verniciatura a polvere conto terzi con sede a Verona.
Quanta componente c’è di artigianalità in un settore come la verniciatura industriale?
La verniciatura a polvere conto terzi è un processo che ha molte variabili indipendenti e dove è molto probabile che se tutto si allinea magicamente, si ottiene un risultato che rimane in un range stabilito. Siamo un po’ artisti, possiamo fare mille pezzi così come uno solo.
Per esempio nelle macchine a controllo numerico, come un laser di taglio, un operatore è in grado di richiamare lo stesso ciclo infinitamente; mentre in una cabina di verniciatura si ritocca manualmente imparando dagli errori e ogni giorno si ricomincia quasi da zero.
In più, per come sono fatti gli impianti, non ci sono set up predefiniti e standard ripetibili. Nell’industria quando rifai per la centesima volta lo stesso lavoro richiami le stesse impostazioni mentre per noi è necessario un continuo fine tuning degli impianti. Infine, a complicare tutto il processo, bisogna considerare che il tuo lavoro viene valutato da terzi quasi solo esteticamente, senza alcun metro di giudizio stabilito.
Macchine contro umani quindi?
In una linea di verniciatura lavorano tante persone collegate tra loro da una catena nello stesso processo, quindi, se da un lato, all’aumentare degli operatori aumenta la flessibilità, dall’altro, aumentano le problematiche. Il segreto della produzione industriale è ripetere lo stesso ciclo in maniera sempre uguale, se non migliorandolo, cosa che per il settore della verniciatura è particolarmente difficile. Paradossalmente l’apprendimento attraverso gli errori permette di migliorare la tecnica. Quindi il verniciatore vive di imperfezioni che portano all’evoluzione.
Tiriamo le somme, si sente un artigiano o un industriale?
Quando mi chiedono che lavoro fai, io rispondo che siamo artigiani industriali. Spesso il nostro lavoro è fatto di sfide. Dal lato tecnico, se guardiamo ai processi, siamo un’industria che mantiene una fortissima componente artigianale fatta di prove, errori e fortunatamente soluzioni. E poi diciamolo, applicare un colore a oggetti di diversi materiali e con destinazioni d’uso diverse, ti porta a fare cose diversissime e questo ti fa sicuramente acquisire un sapere importante.
Per VRB, quanto è difficile fare cultura verso il cliente finale sulle possibilità (e i limiti) della verniciatura industriale?
Questa è una domanda trabocchetto. È difficilissimo! Questa difficoltà in parte è da attribuire alla genesi di questo mondo che tipicamente nasce dall’esternalizzazione dei reparti di verniciatura delle grandi industrie a fine anni ’60. I verniciatori conto terzi nascono spesso con l’aiuto delle aziende di provenienza, inizialmente lavorando con un solo cliente e successivamente con più clienti. Senza alcun pregiudizio, queste aziende sono nate da grandi uomini del fare, che però non avevano una cultura ingegneristica. Per noi è stato diverso, mio padre è ingegnere elettronico e l’approccio alle problematiche è stato differente sin dalla fondazione dell’azienda.
Sta eludendo la mia domanda. Come si fa “cultura”?
Oltre ad una pubblicazione di settore che spieghi lo stato dell’arte di questo settore?
Esatto, oltre alla stampa di settore. Come si spiegano i limiti dei processi di produzione?
Oggi con gli strumenti di comunicazione che ci sono è più facile fare cultura verso progettisti e clienti e dar loro un’infarinatura di cosa facciamo. Internamente al settore molto si può fare, ad esempio, investendo in laboratori e in tecnici. Verso il cliente rimane difficile perché, di fatto, è più sensibile alla questione economica; la parte scientifica emerge solo di fronte ad un problema o ad una contestazione e in questo caso sei costretto a far cultura, che però passa come tesi difensiva di parte. In passato, l’unico modo era farsi accompagnare dai tecnici dei fornitori di polveri o prodotti chimici, poi, evolvendosi, è stata quella di assumere dei professionisti – noi abbiamo un chimico dedicato a questo – e investire sulle tecnologie come nebbie saline, spettometro XRF e continuare a fare test e sperimentare..
L’attuale scenario italiano dei verniciatori, al netto della loro dimensione e capacità economica, come si presenta? Come vede il futuro di questo settore?
Per i verniciatori conto terzi non vedo che due strade: una è quella di crescere come dimensioni e andare verso i numeri, la scienza, i laboratori, gli ingegneri e quindi una dimensione che possa competere in scenari diversi e internazionali e l’altra è quella di diventare un vero e proprio atelier della verniciatura, fare delle cose che fai solo tu e dove l’esperienza e la manualità sono preponderanti. Chi intraprende la prima via, come noi, sa bene che una delle problematiche che deve affrontare è quella logistica e quindi il raggio di azione territoriale che si può raggiungere.
In VRB qual è stata la strategia per aggirare l’ostacolo?
Vista la difficoltà nel fare partnership, alleanze e fusioni, l’unica via è stata quella di aprire una carpenteria metallica che ci ha permesso di andare verso l’estero, nello specifico in Germania e paesi limitrofi.
A guardar bene siete andati a fare il lavoro dei vostri clienti…
Per noi è stata una scelta forzata, era diventato necessario parlare con il cliente finale anche perché, durante l’ultima forte crisi, abbiamo perso il 60% del fatturato e alcuni dei nostri clienti che ci avevano sempre sostenuto in quella fase ci hanno abbandonato. Da quel momento abbiamo fatto un’inversione di rotta e deciso di andare a prendere i mercati esteri implementando le lavorazioni meccaniche, ovviamente tenendoci a distanza dai clienti dei nostri clienti.
Non dimentichiamoci però un aspetto fondamentale: noi verniciatori siamo l’ultima fase del processo produttivo, dopo di noi il materiale viene imballato e spedito quindi siamo di fatto il punto dove arrivano sia i problemi tecnici, che commerciali. È bene ribadire anche che noi applichiamo vernice su un pezzo che ci viene dato da terzi e se questo non ha gli standard qualitativi corretti, il risultato sarà comunque povero. Ma come si sa “…È sempre colpa del verniciatore, fino a prova contraria…”.
Vi sta premiando questa scelta netta oggi dopo 5 anni di investimenti?
Noi siamo cresciuti (oggi VRB conta circa 100 dipendenti con un fatturato 2021 pari a 14 mln, il gruppo fa 20 mln) grazie al dialogo con aziende di medio-grandi dimensioni e mentalità aperte. Oggi, dopo tanti investimenti, siamo in una fase di consolidamento. Abbiamo di base le carte vincenti per crescere, a partire da una squadra di giovani motivati e competenti, che è quella che mi sta più a cuore, oltre a capacità logistiche e gestionali ineguagliabili nel settore.
Nella nostra intervista mi ha passato un concetto di imprenditori italiani molto individualisti che fanno fatica a fare squadra, quale altro margine di miglioramento ha questo settore?
Prima cosa è necessario comprendere che c’è solo da imparare da chi è più bravo di noi. Sembra un concetto banale ma abbiamo ancora questa mentalità che ci limita nella crescita, dove si è invidiosi delle best practice invece di prenderle come stimolo al miglioramento. L’altra cosa è che spesso l’imprenditore coincide con il “verniciatore”, il “preventivista”, il “commerciale”, e questo, secondo me, è un ostacolo. L’imprenditore non deve essere l’elemento insostituibile dell’azienda ma al contrario deve preoccuparsi di avere una struttura che funzioni anche senza di lui. Deve scegliere le persone giuste e credere nella delega. Io questa mentalità l’ho appresa studiando, viaggiando e rimanendo sempre curioso.
L’importante è comunque fare una scelta.
Cosa vorrebbe adesso dai suoi fornitori?
Un visore che lavora con l’intelligenza artificiale e che fa i ritocchi in automatico imparando dagli errori.
Questo sarà il suo lavoro fino alla pensione?
Assolutamente no!
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