L’Esposizione Universale di Milano è stata una grande vetrina per l’Italia, ha attratto milioni di visitatori e ha messo al centro dell’attenzione tutto il “sistema” italiano, dal cibo al turismo, fino all’industria. É stato un grande avvenimento soprattutto per l’architettura, per quanto riguarda in particolare la costruzione temporanea e la sperimentazione sui materiali, sia dal punto di vista prestazionale che estetico.

La temporaneità delle costruzioni ha richiesto l’utilizzo in gran parte di tecniche costruttive “leggere”, e questa “leggerezza” si riflette sui concetti e le scelte che attraversano tutti i padiglioni, diventando espressione della trasformazione culturale che ha attraversato gli ultimi anni di crisi, e cambiato i concetti di benessere e di sfruttamento delle risorse delle società avanzate. Ha spinto anche a ridimensionare alcune considerazioni sui costi necessari a costruire una esposizione della (breve) durata di 6 mesi, e il risultato è, per la maggior parte dei padiglioni, la consapevolezza di poter esprimere le specificità di ogni paese con scelte di semplicità, evitando l’effetto “Las Vegas” analizzato da Venturi e Scott Brown a proposito degli Expo passate.

 

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