I materiali sono capaci di guidare le scelte progettuali e di esprimere l’essenza dei luoghi. Un’operazione sempre più necessaria, soprattutto nell’hotellerie e nel retail.
Si può parlare di hotel e di luoghi semplicemente analizzando le scelte progettuali in termini di materiali. La conversazione con Tania Zaneboni dello studio di architettura Lissoni & Partners si snoda a partire da un progetto recentissimo, il Dorothea Hotel a Budapest, parte della Autograph Collectionl di Marriott. Lo studio di architettura italiano ha progettato in tutte le sue parti questo hotel di 261 camere distribuite in tre edifici storici, ognuno appartenente a epoche diverse. Fulcro dell’intervento, oltre alla creazione di un grande cortile interno trasformato in giardino coperto, è stata l’attenzione particolare ai materiali locali, nel pieno rispetto del contesto storico e culturale.
Il seminato alla veneziana, realizzato da maestranze locali, dialoga perfettamente con le ceramiche blu prodotte da Zsolnay una nota manifattura locale, così come le decorazioni realizzate ispirandosi a elementi locali, risultano in perfetta sintonia con gli arredi rigorosamente made in Italy. Il risultato è un hotel che riflette lo spirito del luogo, integrandosi nel contesto culturale di Budapest.
In armonia tra palette neutre, arredi made in Italy e contrasti cromatici, il tocco decorativo viene espresso anche attraverso un basso rilievo realizzato su pannelli partendo da un disegno decorativo tipico del territorio. «Il materiale per noi deve avere un valore comunicativo e quando non lo ha, cerchiamo di lavorare con dei pattern evocativi che, nello specifico di questo progetto, sono stati ispirati dalle architetture tipiche ungheresi. Sono nati così i pannelli di fibre di cemento lavorati a laser che assumono la forma di grandi arazzi cementizi» spiega Tania Zaneboni.
«Abbiamo usato la ceramica in formato tegola – prosegue Zaneboni – per dare un effetto tridimensionale, lavorando esclusivamente con produttori locali, sia per una scelta più sostenibile di reperimento dei materiali, sia per valorizzare le produzioni tipiche, le loro tecniche e tecnologie, assecondando anche le abitudini. Una scelta che ha richiesto il lavoro costante di una persona del nostro team impegnata a selezionare e incontrare fornitori».
Il grande cortile interno vede la presenza di materiali industriali, come l’u-glass, vetro stampato traslucido, normale o armato a forma di U. Generalmente ha un impiego industriale ma in questo progetto è presente sulla facciata interna, accanto alle lamelle di alluminio, creando una sorta di cortina che avvolge il giardino interno. La grande capacità dei progettisti è anche quella di trasformare materiali comuni in elementi caratterizzanti. Il bancone realizzato con u-glass, retroilluminato con una luce ambrata, lo ha fatto diventare un oggetto luminoso. Anche nelle camere sono stati studiati degli elementi decorativi unici. «Per la testata del letto abbiamo usato un disegno irregolare che alterna dei pannelli di pastina a intarsi di legno, lavorati dagli artigiani locali usando pattern tradizionali del luogo, rivisitati da noi. Questo è l’approccio che ci piace seguire» commenta Zaneboni.
Lo stesso taglio sartoriale, con un fortissimo accento sulle finiture, è stato dato anche al progetto AP House, la “casa” di Audemars Piguet a Milano. Non è un negozio nel senso puro del termine ma uno spazio polifunzionale, distribuito su cinque piani dove, oltre alla vendita di meravigliosi pezzi di alta orologeria, si tengono anche eventi. «In questo progetto la scelta delle superfici si è orientata verso la preziosità proprio per celebrare il marchio blasonato di altissima orologeria. Abbiamo lavorato con metalli riprendendo il motivo del Petit Tapisserie dei quadranti degli orologi, grafiche preziosissime che abbiamo scalato e riproposto nelle superfici tridimensionali».
Il risultato si ammira nei watch display, vetrine dedicate agli orologi che all’occorrenza, quando non ospitano alcun pezzo, vengono coperte creando un effetto decorativo di grande impatto. Per la realizzazione, curata da Merotto e Milani di Treviso, si è optato per una verniciatura a liquido effetto metallo su MDF. Con la loro maestria, gli artigiani sono stati capaci di unire l’eccellenza artigianale con l’esigenza di massima personalizzazione richiesta da Lissoni & Partners.
«Per esigenze tecniche abbiamo preferito simulare il metallo, anche se non è un approccio che prediligiamo» commenta Zaneboni che ribadisce «se è legno deve essere legno, se è pietra deve essere pietra, se è metallo, che sia metallo. In questo specifico progetto, la tecnologia ci ha permesso, attraverso la verniciatura a effetto metallo ottenuto con diversi strati applicativi e una particolare lavorazione artigianale, di coprire grandi superfici con un effetto controllato e ripetibile».
A parte gli elementi citati, gli altri materiali non tradiscono. Per la parete della scala sono state utilizzate delle formelle di alabastro curvate. «Potevamo utilizzare policarbonato stampato effetto alabastro o un vetro stampato ma questo progetto di massima espressione del lusso, ha richiesto materiali veri, originali, sapienti e apprezzabili per le loro qualità» commenta l’architetto.
«L’approccio all’imitazione non ci piace mai in generale, tuttavia se scopriamo che il legno, per fare un esempio, ha dei limiti, perché non vogliamo infierire sulla situazione delle foreste, perché il budget non lo consente, perché la manutenzione è complessa, allora non sarà legno, ma sarà legno composto. Lavoriamo molto con i pattern, possono essere decorazioni molto articolate, ma anche delle fresature leggerissime che creano delle grafiche semplicissime. Nel corridoio d’accesso di AP House abbiamo inserito delle pannellature di vetro – materiale che si presenta piano – enfatizzandole con serigrafie di grafiche verticali e orizzontali. Il pattern ha impreziosito un materiale semplice, trasformandolo in qualcosa di a sé stante. In questo processo diventa importante l’aspetto grafico, non più il materiale».
Nel progetto per il brand di alta orologeria, si è fatto ampio uso di superfici decorative in legno. «L’utilizzo di legni industriali ci ha garantito colori stabili e standardizzati, evitando variazioni impreviste. Non solo, in questo frangente dove è stato utilizzato sia per i soffitti che per le superfici verticali, la prima esigenza era di rispettare le certificazioni antincendio obbligatorie».
Come avviene per i materiali, per Lissoni & Partners i colori rivestono un ruolo estremamente importante e richiedono una sensibilità elevata nel loro utilizzo. L’approccio parte sempre da una base neutra, che lavora sugli estremi. Si prediligono spazi molto chiari o molto scuri e, tra questi due poli, si inserisce l’intera gamma cromatica, utilizzata in modo misurato e calibrato. Pur non trattandosi di una regola fissa, viene apprezzata l’idea di introdurre picchi di colore, anche intensi, in contesti attentamente bilanciati, sia su una tela che su una superficie. Tuttavia, le grandi superfici non sono mai caratterizzate da colori troppo accesi. Al contrario, il colore è spesso guidato dalla materia stessa.
Una curiosità: a Piero Lissoni piace inserire negli ambienti che progetta un oggetto “sbagliato”, trovato per caso o acquistato in un mercatino, senza che necessariamente sia in armonia con gli altri elementi. Questa apparente nota stonata diventa elemento capace di rompere l’equilibrio e sconvolgere l’estrema perfezione delle scelte progettuali e materiche dello studio.
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